Ciò che vedo molto spesso girando qua e la nel web è una grande sete di
crescita contornata purtroppo altrettanto spesso dalla “paura di
guardarsi dentro”.
Vedo mille proposte di crescita, tutte
interessanti perché no… tutte pronte a regalarti la felicità, ma poche
hanno veramente il coraggio di dire “per arrivare alla luce devi
conoscere di più la parte più nascosta di te”.
Mi permetto di
riconoscere che il vero salto verso l’alto lo si può fare quando
l’oscurità ci diventa quasi alleata non quando la stai evitando, quando
affronti le paure, non quando le eviti facendo credere alla gente che è
sufficiente un tocco magico per arrivare ad avere le doti dei vip (per
altri post visita il mio blog http://www.fabionetzach.net/#!blog/c1itj)
giovedì 23 giugno 2016
domenica 19 giugno 2016
Realizzare il proprio sogno
Ritengo che ognuno di noi attiri non tanto ciò che pensa ma
ciò che è, in pratica siamo dotati di un serbatoio gigantesco pieno di
informazioni di ogni genere e non ne siamo minimamente a conoscenza, se non in
piccola parte, sappiamo che c’è ma facciamo fatica a comprenderlo, questo
serbatoio prende il nome di “inconscio”.
La cosa incredibile è che tutte le informazioni raccolte al
suo interno interagiscono istantaneamente con tutto il nostro corpo
strutturandone il livello di salute ed il rapporto con tutta la realtà attorno.
Quindi è bellissimo poter pensare di attirare una persona
meravigliosa e condividere assieme momenti stupendi, ma se non conosciamo sino
in fondo la meccanica che ci riguarda rischiamo di perpetuare situazioni che
talvolta non ci piacciono.
La cosa più incredibile e che nel mio lavoro incontro ogni
giorno, è che le persone preferiscono pensare che solo tenendo un atteggiamento
semi disciplinato orientato alla luce e al pensiero positivo sia possibile
attirare l’anima che più ci potrebbe rendere felice, ma ciò ritengo sia solo
una grande illusione.
Tutto ciò che attiriamo che ci piaccia o meno nasce da una
struttura magnetica che gira attorno al corpo e che amanti della materia come
me definiscono “DNA Interdimensionale” e che poco ha a che fare con il “pensiero
positivo”, o meglio quest’ultimo può contribuire benissimo ad un miglioramento,
ma non ad un “azzeramento” della storia che ci appartiene, vuoi personale, vuoi
genealogica.
Sempre a parer mio ciò che dovremmo comprendere sono prima
di tutte le nostre emozioni dalle quali risultiamo profondamente dipendenti,
capire come queste si muovono dentro e fuori di noi e poi successivamente
cominciare ad allenare la “fede”, o meglio tanto per non essere confuso, la
nostra capacità di “credere senza aspettative”.
D’ora in avanti, questo è ovviamente un consiglio personale,
fatti coinvolgere meno dalle emozioni, osservale in modo staccato quasi tu
fossi un regista che guarda gli attori muoversi nella scena di un film. Più
imparerai ad uscire dalla dipendenza più ti staccherai da memorie scomode che
il tuo inconscio ti chiede di continuare a rivisitare. Il pensiero positivo è
una tecnica bellissima, ma può solo “addormentare” una memoria genealogica o
personale come la “paura dell’abbandono” per esempio, imparare a staccarsene
invece permette il salto di qualità nella vita (per
altri post visita il mio blog http://www.fabionetzach.net/#!blog/c1itj)
giovedì 9 giugno 2016
Il bisogno di essere accettati e riconosciuti
Normalmente una persona quando pensa esprime “sempre” un
giudizio e questo si intreccia per sua natura con milioni di informazioni
racchiuse nel nostro serbatoio-mente, ma perché lo fa?
A parer mio un essere giudica in proporzione a quanto “ritiene” di non essere stato riconosciuto nel suo valore quando era piccolissimo e nella fase prenatale.
In pratica mette semplicemente in moto un sistema di “sopravvivenza”, come ho scritto più volte in profondità teme tantissimo l’abbandono e per questo motivo cerca di “essere accettato” in tutti i modi e quando percepisce che la situazione è a rischio… “giudica”.
Molto spesso ci rimproveriamo del fatto che l’addome si contrae proprio perché siamo lì a giudicare vuoi una situazione, vuoi una persona rispetto al suo operato, e magari stiamo esprimendo opinioni senza nemmeno avere le idee chiare. Ciò che ci muove verso il giudizio è solo un “disperato bisogno di carezze”, quelle carezze che riteniamo mancate vuoi a noi vuoi a qualcuno di caro rispetto a quando eravamo piccolissimo come ho scritto poc’anzi.
Quindi sarebbe bello “pensare” e non giudicare, ma ciò fin tanto che siamo umani è praticamente impossibile, quanto meno mi riferisco a livello profondo, inconscio e se vogliamo “animale”.
Quindi quando giudichiamo o sentiamo qualcuno che giudica cerchiamo di comprendere che dietro c’è solo una grandissima paura: la paura di non essere accettati ed una grandissima sete di “amore”. (per altri post visita il mio blog http://www.fabionetzach.net/#!blog/c1itj)
A parer mio un essere giudica in proporzione a quanto “ritiene” di non essere stato riconosciuto nel suo valore quando era piccolissimo e nella fase prenatale.
In pratica mette semplicemente in moto un sistema di “sopravvivenza”, come ho scritto più volte in profondità teme tantissimo l’abbandono e per questo motivo cerca di “essere accettato” in tutti i modi e quando percepisce che la situazione è a rischio… “giudica”.
Molto spesso ci rimproveriamo del fatto che l’addome si contrae proprio perché siamo lì a giudicare vuoi una situazione, vuoi una persona rispetto al suo operato, e magari stiamo esprimendo opinioni senza nemmeno avere le idee chiare. Ciò che ci muove verso il giudizio è solo un “disperato bisogno di carezze”, quelle carezze che riteniamo mancate vuoi a noi vuoi a qualcuno di caro rispetto a quando eravamo piccolissimo come ho scritto poc’anzi.
Quindi sarebbe bello “pensare” e non giudicare, ma ciò fin tanto che siamo umani è praticamente impossibile, quanto meno mi riferisco a livello profondo, inconscio e se vogliamo “animale”.
Quindi quando giudichiamo o sentiamo qualcuno che giudica cerchiamo di comprendere che dietro c’è solo una grandissima paura: la paura di non essere accettati ed una grandissima sete di “amore”. (per altri post visita il mio blog http://www.fabionetzach.net/#!blog/c1itj)
mercoledì 8 giugno 2016
Scopri perché alcune persone ti ostacolano
Quante volte ci siamo scontrati con altre persone stando in
un “doloroso silenzio”? tantissime, mi riferisco in modo particolare a tutte
quelle volte in cui non ci siamo sentiti riconosciuti perché qualcuno ci ha
tolto il riconoscimento e dentro abbiamo provato un senso di sconfitta ed allo
stesso tempo di rabbia e ribellione soffocate.
Mi verrebbe da dire “sfoghiamoci” e come mostra la foto “prendiamo a pugni” il nemico. Ma con questo dove potremmo veramente arrivare? Da nessuna parte perché il vero nemico non è quel soggetto che hai di fronte, non è quella donna che appare più carina di te, non è niente di tutto questo, si tratta solo di una proiezione di una ferita che non riesce ad essere rimarginata.
Tutte le persone che ci procurano rabbia sono sempre il riflesso di un malcontento che è accaduto in tempi a noi molto lontani, quando eravamo piccolissimi e non venivamo ascoltati solo perché eravamo piccoli o perché eravamo più grandi di nostro fratello o sorella che in quel momento necessitavano di molta attenzione o semplicemente perché non capivamo che eravamo profondamente amati, ma gli adulti erano troppo pieni di problemi da risolvere.
In poche parole tutto ruota attorno a delle “incomprensioni” ossia a ferite che nascono da stati di “scarsa consapevolezza”, il consiglio che ti do oggi è quello di prendere queste situazioni attuali e di dire semplicemente al tuo inconscio “ho capito che sei il riflesso di qualcosa che non ho ancora compreso, ti chiedo di abbandonare questo schema che mi porta nella rabbia perché io sono sempre stata/o riconosciuta/o e sono sempre stata/o amata/o”.
In realtà il testo lo puoi modificare a modo tuo, scrivere parole diverse, ciò che importa è l’intenzione di ciò che vuoi dire alla parte più profonda di te.
Ricordati sempre che quello che etichettiamo come “nemico” che ti piaccia o no è sempre un riflesso della tua storia personale e famigliare e che ciò che merita è un ringraziamento perché è lì apposta per dirti “cresci”.
Sino a quando non comprenderai questo meccanismo rimarrai solo in superficie, leggerai tantissimi libri di crescita spirituale che ti daranno attimi di gioia, ma poi ritornerai sempre lì e fino a quando non capirai che sei tu la più bella e abbondante enciclopedia non potrai spiccare il volo come magari vorresti da tempo. (per altri post visita il mio blog http://www.fabionetzach.net/#!blog/c1itj)
Mi verrebbe da dire “sfoghiamoci” e come mostra la foto “prendiamo a pugni” il nemico. Ma con questo dove potremmo veramente arrivare? Da nessuna parte perché il vero nemico non è quel soggetto che hai di fronte, non è quella donna che appare più carina di te, non è niente di tutto questo, si tratta solo di una proiezione di una ferita che non riesce ad essere rimarginata.
Tutte le persone che ci procurano rabbia sono sempre il riflesso di un malcontento che è accaduto in tempi a noi molto lontani, quando eravamo piccolissimi e non venivamo ascoltati solo perché eravamo piccoli o perché eravamo più grandi di nostro fratello o sorella che in quel momento necessitavano di molta attenzione o semplicemente perché non capivamo che eravamo profondamente amati, ma gli adulti erano troppo pieni di problemi da risolvere.
In poche parole tutto ruota attorno a delle “incomprensioni” ossia a ferite che nascono da stati di “scarsa consapevolezza”, il consiglio che ti do oggi è quello di prendere queste situazioni attuali e di dire semplicemente al tuo inconscio “ho capito che sei il riflesso di qualcosa che non ho ancora compreso, ti chiedo di abbandonare questo schema che mi porta nella rabbia perché io sono sempre stata/o riconosciuta/o e sono sempre stata/o amata/o”.
In realtà il testo lo puoi modificare a modo tuo, scrivere parole diverse, ciò che importa è l’intenzione di ciò che vuoi dire alla parte più profonda di te.
Ricordati sempre che quello che etichettiamo come “nemico” che ti piaccia o no è sempre un riflesso della tua storia personale e famigliare e che ciò che merita è un ringraziamento perché è lì apposta per dirti “cresci”.
Sino a quando non comprenderai questo meccanismo rimarrai solo in superficie, leggerai tantissimi libri di crescita spirituale che ti daranno attimi di gioia, ma poi ritornerai sempre lì e fino a quando non capirai che sei tu la più bella e abbondante enciclopedia non potrai spiccare il volo come magari vorresti da tempo. (per altri post visita il mio blog http://www.fabionetzach.net/#!blog/c1itj)
sabato 4 giugno 2016
Alla ricerca del Paradiso
Fin da bambini ci siamo sentiti dentro ad un gioco molto strano e pieno di contraddizioni, in pratica ci hanno sempre detto che per arrivare alla luce e al riconoscimento è necessario far fatica, sacrificarsi, e come modello ci hanno messo davanti il Cristo che muore in Croce e ci hanno pure fatto sentire in dovere di rispettare questa immagine perché in fondo lo ha fatto per ognuno di noi, ma alla fin fine forse nessuno ci ha mai capito niente perché dall’altra parte ci hanno sempre detto che la vita dura spetta a chi ha “meritato i suoi castighi” insomma siamo arrivati con le idee poco chiare e forse ci siamo creati ancor più confusione.
Leggendo il pensiero di Jung ci si rende conto che per arrivare a capire qualcosa dobbiamo sempre passare per uno o più eventi difficili, ma è veramente sempre così?
Io dico “no” pur riconoscendo che la mia vita non è stata poi tutta rosa e fiori e che veramente gli eventi più difficili sono quelli che mi hanno offerto la direzione che sotto certi aspetti poi si è rivelata come la migliore.
E allora mi chiedo “perché dobbiamo passare per l’inferno per arrivare al paradiso?” perché attualmente il nostro inconscio collettivo, nonché famigliare se vogliamo è programmato ed “abituato” a tutto questo, fin tanto che continueremo a sfornare equazioni secondo le quali solo con la vita dura possiamo arrivare alla luce così sarà.
In pratica si tratta di “rimodellare” noi stessi e cominciare, specialmente per le future generazioni, a dare un nuovo input all’inconscio collettivo dicendo a noi stessi, o meglio alla parte più profonda di noi, che è come ci sentiamo dentro ad attirare il risultato non come si sono sentite le persone per migliaia di anni e di generazioni.
La religione ci ha dato tante cose interessanti, specie in ambito artistico, ma ha saputo “terrorizzare” l’uomo convincendolo a livello cellulare che se non si comporta bene meriterà i “castighi”.
Ebbene così è se vogliamo, e cosa fare allora?
Cominciare non tanto a convincerci del contrario perché l’inconscio collettivo è troppo grande e ben strutturato per arrivare ad agire con la “mente” dicendo al cervello cosa fare, ma arrivare a comprendere i meccanismi che ci portano a credere in tutto questo, in pratica, come dico sempre ai miei seminari, è l’ignoranza che permette alle nostre cellulare di continuare ad attirare l’inferno perché noi siamo programmati a vivere nel paradiso (per altri post visita il mio blog http://www.fabionetzach.net/#!blog/c1itj)
Leggendo il pensiero di Jung ci si rende conto che per arrivare a capire qualcosa dobbiamo sempre passare per uno o più eventi difficili, ma è veramente sempre così?
Io dico “no” pur riconoscendo che la mia vita non è stata poi tutta rosa e fiori e che veramente gli eventi più difficili sono quelli che mi hanno offerto la direzione che sotto certi aspetti poi si è rivelata come la migliore.
E allora mi chiedo “perché dobbiamo passare per l’inferno per arrivare al paradiso?” perché attualmente il nostro inconscio collettivo, nonché famigliare se vogliamo è programmato ed “abituato” a tutto questo, fin tanto che continueremo a sfornare equazioni secondo le quali solo con la vita dura possiamo arrivare alla luce così sarà.
In pratica si tratta di “rimodellare” noi stessi e cominciare, specialmente per le future generazioni, a dare un nuovo input all’inconscio collettivo dicendo a noi stessi, o meglio alla parte più profonda di noi, che è come ci sentiamo dentro ad attirare il risultato non come si sono sentite le persone per migliaia di anni e di generazioni.
La religione ci ha dato tante cose interessanti, specie in ambito artistico, ma ha saputo “terrorizzare” l’uomo convincendolo a livello cellulare che se non si comporta bene meriterà i “castighi”.
Ebbene così è se vogliamo, e cosa fare allora?
Cominciare non tanto a convincerci del contrario perché l’inconscio collettivo è troppo grande e ben strutturato per arrivare ad agire con la “mente” dicendo al cervello cosa fare, ma arrivare a comprendere i meccanismi che ci portano a credere in tutto questo, in pratica, come dico sempre ai miei seminari, è l’ignoranza che permette alle nostre cellulare di continuare ad attirare l’inferno perché noi siamo programmati a vivere nel paradiso (per altri post visita il mio blog http://www.fabionetzach.net/#!blog/c1itj)
giovedì 2 giugno 2016
Il senso "peccaminoso" delle cose che facciamo...
E’ bello pensare che possiamo essere riconosciuti come
persone “valide” se siamo generose, ed è anche carino vedere qualcuno che dona,
ma normalmente non riusciamo a comprendere prima di tutto il perché una persona
compie una tale azione e poi se è veramente vero che prendere più di quanto si
dona sia veramente poi così paccaminoso.
Prima di tutto dobbiamo riconoscere che apparteniamo ad una cultura dove, specialmente nel passato, la lussuria era vista come qualcosa di sbagliato e di scorretto a livello sociale e non possiamo sentirci tanto distanti da ciò che tutt’ora viene visto come qualcosa di poco bello, molto spesso ritrovo “codici” nelle persone secondo le quali il “denaro in eccesso” è associato a persone “cattive”.
In base a tutti gli studi che ho portato avanti sinora e le quasi 4.000 persone analizzate una ad una nei miei anni di operatore riconosco che esiste una sorte di bilancia secondo la quale più la genealogia ha sofferto della paura dell’abbandono più i discendenti, specie dai nipoti in poi, potrebbero essere portati ad un bisogno di accumulo quasi ossessivo. Questo limitatamente alla memoria di abbandono, invece per quanto riguarda situazioni di “sperpero” è sempre associata la matrice di genealogie dove qualcuno ha abusato della parola “sesso” nel senso che ha superato di troppo il credo famigliare e sociale e si è sentito inconsciamente in colpa e qualcuno dovrà espiare perdendo qualcosa di associato al sesso stesso quindi casi di impotenza o irritazioni vaginali quasi ossessive oppure sperpero continuo di denaro e perdita di opportunità.
Oppure altro caso che ho riscontrato di frequente è che una persona tende a “dare” tantissimo quando la geneaologia si sente in colpa di aver preso troppo, più di quanto avrebbe meritato, specialmente se parliamo di eredità spartite male, oppure caso quasi ovvio quando alle spalle il soggetto in altre incarnazioni ha stabilito accordi con l’Universo che comunemente chiamiamo “voti di povertà”.
La parte cosciente di questa persona non ricorda niente delle precedenti incarnazioni e allora si vengono a manifestare situazioni dove tenderà a dare tantissimo perché inconsciamente non dovrebbe avere proprio niente.
Esistono poi delle cose che possono sembrare assurde a livello cosciente, ma a livello inconscio hanno ragione di esistere, in pratica un individuo o istituzione più si sente in colpa di possedere più dirà agli altri e al sociale in generale di “dare”, ma sarà il primo a trattenere, basti pensare ad istituzioni come la Chiesa Cattolica, il Sindacato in Italia e quello che è stato l’ex Partito Comunista.
Il mio consiglio? Dare in modo consapevole, ossia riscoprire la bellezza dell’anonimato prima di tutto e ritrovare la gioia di vedere gli altri felici. Se provi il desiderio di dire “ti ho dato io tutto questo”… allora si tratterà di bisogno di riconoscimento e sarà l’ennesimo tentativo di prendere e trattenere un soggetto affinché sia uno in più a riconoscere il tuo valore (per altri post visita il mio blog http://www.fabionetzach.net/#!blog/c1itj)
Prima di tutto dobbiamo riconoscere che apparteniamo ad una cultura dove, specialmente nel passato, la lussuria era vista come qualcosa di sbagliato e di scorretto a livello sociale e non possiamo sentirci tanto distanti da ciò che tutt’ora viene visto come qualcosa di poco bello, molto spesso ritrovo “codici” nelle persone secondo le quali il “denaro in eccesso” è associato a persone “cattive”.
In base a tutti gli studi che ho portato avanti sinora e le quasi 4.000 persone analizzate una ad una nei miei anni di operatore riconosco che esiste una sorte di bilancia secondo la quale più la genealogia ha sofferto della paura dell’abbandono più i discendenti, specie dai nipoti in poi, potrebbero essere portati ad un bisogno di accumulo quasi ossessivo. Questo limitatamente alla memoria di abbandono, invece per quanto riguarda situazioni di “sperpero” è sempre associata la matrice di genealogie dove qualcuno ha abusato della parola “sesso” nel senso che ha superato di troppo il credo famigliare e sociale e si è sentito inconsciamente in colpa e qualcuno dovrà espiare perdendo qualcosa di associato al sesso stesso quindi casi di impotenza o irritazioni vaginali quasi ossessive oppure sperpero continuo di denaro e perdita di opportunità.
Oppure altro caso che ho riscontrato di frequente è che una persona tende a “dare” tantissimo quando la geneaologia si sente in colpa di aver preso troppo, più di quanto avrebbe meritato, specialmente se parliamo di eredità spartite male, oppure caso quasi ovvio quando alle spalle il soggetto in altre incarnazioni ha stabilito accordi con l’Universo che comunemente chiamiamo “voti di povertà”.
La parte cosciente di questa persona non ricorda niente delle precedenti incarnazioni e allora si vengono a manifestare situazioni dove tenderà a dare tantissimo perché inconsciamente non dovrebbe avere proprio niente.
Esistono poi delle cose che possono sembrare assurde a livello cosciente, ma a livello inconscio hanno ragione di esistere, in pratica un individuo o istituzione più si sente in colpa di possedere più dirà agli altri e al sociale in generale di “dare”, ma sarà il primo a trattenere, basti pensare ad istituzioni come la Chiesa Cattolica, il Sindacato in Italia e quello che è stato l’ex Partito Comunista.
Il mio consiglio? Dare in modo consapevole, ossia riscoprire la bellezza dell’anonimato prima di tutto e ritrovare la gioia di vedere gli altri felici. Se provi il desiderio di dire “ti ho dato io tutto questo”… allora si tratterà di bisogno di riconoscimento e sarà l’ennesimo tentativo di prendere e trattenere un soggetto affinché sia uno in più a riconoscere il tuo valore (per altri post visita il mio blog http://www.fabionetzach.net/#!blog/c1itj)
mercoledì 1 giugno 2016
Se sogniamo significa che siamo vivi...
Vi sarà capitato di farvi fare le “carte” nella vita, statisticamente pochissimi ci vanno, poi delle molte persone che vengono da me un'altissima percentuale si confida di farlo in segreto quasi per abitudine, non c’è niente di male infatti potersi permettere di “sperare in un futuro migliore”.
Io lo ammetto nel passato ne ho fatto uso ben volentieri, poi le ho quasi abbandonate, messe di lato però se dovessi trovare un buon cartomante… perché no!
E’ vero c’è chi dice “lascia che il destino si manifesti da solo non lo influenzare ecc…” ma perché poi rimproverarsi tanto sappiamo bene cosa accade, siamo lì nella speranza che chi ci sta davanti con la bacchetta magica ci dica “si è proprio come desideri tu, tutto si manifesterà in quel modo”.
“Wow finalmente uno valido” diciamo dentro noi… e invece accade l’esatto contrario e ci riempiamo di idee del tipo “qualcosa ha interferito”, “quella donna mi ha guardato male”, “l’invidia degli altri mi ha bloccata” ecc… Tutto questo potrebbe anche essere vero in parte, ma anche no, solo che abbiamo tanta paura di una cosa, sapere che le cose andranno male, preferiamo in un certo senso “illuderci” anche solo per un attimo, in pratica desideriamo poter sognare ad occhi aperti che le cose andranno esattamente come vorremmo “credere”.
Altro esempio è quando di un fatto ci ricordiamo solo di una versione tutta nostra, persino i colori dell’ambiente sono diversi dalla realtà e tutto questo perché ognuno di noi ha bisogno di credere in qualcosa che dica “sei vivo” e che sei vivo soprattutto come fa più piacere a te.
In pratica di un fatto ci sono migliaia di possibili interpretazioni per non dire milioni di fronte ad esempio ad un fatto raccontato al telegiornale, ognuno crede in quello che vuole credere ed i fatti si comporteranno esattamente come lui vuole, ognuno ha già proiettato un futuro che nella maggior parte delle volte è diverso da quello proiettato dagli altri.
A me a questo punto viene in mente solo una cosa: “rilassiamoci e guardiamo a quanto è bello poter guardare le cose e poterle vedere in modo diverso, ma si… illudiamoci pure, che danno potremmo mai fare? Guardiamo la storia in mille modi tanto la Terra continuerà a girare lo stesso, perché fin tanto che noi fantastichiamo e sogniamo significa che siamo vivi!” (per altri post visita il mio blog http://www.fabionetzach.net/#!blog/c1itj)
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